L’attenzione per gli alunni BES è aumentata negli ultimi anni e il tema dell’educazione ai bisogni speciali è diventato parte integrante della scelta di specializzazione di molti insegnanti.
BES infatti sta per Bisogni Educativi Speciali, ovvero quelle esigenze educative che hanno necessità di ricevere dalle scuole un’adeguata e personalizzata risposta educativa.
Cosa sono i BES a scuola
Le scuole stanno diventando sempre più inclusive e affrontare le difficoltà individuali di molti alunni è una missione importante per qualsiasi insegnante. Gli alunni BES sono quindi alunni con schemi di apprendimento speciali, permanenti o temporanei.
Ad esempio, gli alunni BES possono avere disabilità fisiche o mentali o essere socialmente o culturalmente svantaggiati. Sono compresi anche gli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento.
In ogni classe ci sono alunni che necessitano di una considerazione speciale per una serie di motivi, tra cui lo svantaggio sociale e culturale, le difficoltà specifiche di apprendimento e di sviluppo e le difficoltà derivanti dall’appartenenza a una cultura diversa e quindi dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana.
Quest’area di svantaggio scolastico, che comprende un’ampia gamma di problematiche, è nota come area dei Bisogni Educativi Speciali (Special Educational Needs in altri paesi europei). Quest’area comprende tre sottocategorie principali: disabilità, disturbi specifici dello sviluppo e svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale.
Andando nello specifico, la Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 ha suddiviso i BES in tre grandi categorie:
- quella della disabilità (tutelati dalla Legge 104/92);
- quella dei disturbi evolutivi specifici (tra i quali i DSA, tutelati dalla Legge 170/2010, e per la comune origine evolutiva anche ADHD e borderline cognitivi);
- quella dello svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale.
Gli alunni con tali difficoltà di apprendimento hanno diritto a un insegnamento personalizzato e i docenti devono utilizzare tutti gli ausili possibili per migliorare le loro capacità e compensare le loro difficoltà.
Altri tipi di BES
Questi sono i BES riconosciuti dalla normativa, ma esistono anche BES legati a disturbi e situazioni che non rientrano all’interno delle strette maglie giuridiche. La Direttiva non li menziona tutti. Ad esempio, tiene fuori i disturbi dell’umore e quelli d’ansia, come i bisogno degli alunni plusdotati che idealmente e fattivamente andrebbero inclusi e compresi all’interno di questa famiglia di bisogni.
BES e didattica personalizzata
I BES vanno attivati per fare in modo che la scuola possa predisporre l’iter utile a costruire una programmazione personalizzata. Non è più necessario il “possesso di una certificazione clinica” (nota INVALSI 2024), come in precedenza, ma basta che sia stato formalmente approvato il Piano Didattico Personalizzato (PDP).
È quindi necessario sviluppare un Piano Didattico Personalizzato (PDP) che fornisca strategie didattiche adeguate alle esigenze degli alunni, nonché misure formative compensative e/o dispensative.
Strumenti dispensative
Le misure dispensative sono interventi educativi che consentono agli alunni con bisogni educativi speciali di non svolgere determinate attività o di esserne esentati.
Gli alunni con BES sono esonerati dalle seguenti attività, a seconda delle loro esigenze e della loro disabilità:
- leggere o scrivere ad alta voce, scrivere alla lavagna o trascrivere;
- lettura di testi troppo lunghi;
- utilizzo del vocabolario, lettura e scrittura dei numeri romani;
- apprendimento a memoria di regole grammaticali, tabelle e definizioni;
- tempi lunghi di esame e di studio;
- interrogazioni programmate;
- riduzione dei compiti a casa;
- possibilità di utilizzare testi con un numero ridotto di pagine ma non di contenuti.
Piano Didattico Personalizzato (PDP)
Il PDP deve contente informazioni importanti per la pianificazione delle attività personalizzate e per individuare gli strumenti e le misure efficaci. Il piano non è generico, ma si concentra su ogni singola disabilità.
Durante l’anno scolastico l’allievo deve acquisire determinati contenuti, e per farlo è opportuno programmare e progettare le strategie di metodo e didattica che si vogliono mettere in campo, sempre tenendo conto delle sue specifiche e concrete esigenze, ad esempio dei tempi di elaborazione, di produzione e di comprensione delle consegne.
La quantità di studio e di impegno deve essere commisurata, così come la tipologia di verifica dei risultati raggiunti.
Il PDP può anche includere i mediatori didattici capaci di facilitare l’apprendimento, come schemi, mappe concettuali, o l’uso di dispositivi elettronici e multimediali ove questi si rivelino di aiuto.
Insomma, questo documento racchiude informazioni preziosissime, dalla durata delle verifiche scritte, alla riduzione degli esercizi previsti per queste ultime, passando per i supporti utilizzati e i criteri di valutazione scelti.
Per essere efficaci, i PDP devono includere le seguenti istruzioni:
- significative (fornire un’ampia panoramica e selezionare solo le strategie didattiche più importanti);
- essere realistici (evitare obiettivi troppo elevati per gli studenti);
- essere coerenti (evitare contraddizioni o discrepanze tra le discipline e l’insegnamento);
- essere specifici e verificabili (tutti gli attori dell’istruzione devono essere in grado di riconoscere se quanto previsto nel PDP viene effettivamente messo in pratica).
La scadenza per la presentazione dei PDP per gli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento è solitamente il 30 novembre. La preparazione è responsabilità della scuola, ma ci si aspetta anche la collaborazione della famiglia.
Studenti BES e DSA: punti di contatto e differenze
Infatti, i disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) vengono identificati diagnosticamente solo in seguito alla relazione di uno psicologo, di un neuropsichiatra o di un logopedista. I DSA non identificano i deficit cognitivi di un alunno, ma evidenziano le disabilità specifiche che limitano il suo potenziale di apprendimento.
Al contrario, i BES non sono il risultato di un’anamnesi medica fatta sugli alunni, ma una risposta alla necessità di affrontare i bisogni specifici che uno studente può manifestare, anche per un periodo di tempo limitato, senza una diagnosi clinica. Siamo quindi in presenza di una difficoltà puramente pedagogica che gli insegnanti possono decidere di affrontare sviluppando un piano didattico specifico.
Didattica inclusiva
La didattica inclusiva può essere sviluppata attraverso l’apprendimento cooperativo, il tutoring e i laboratori, procedendo in modo strutturato e sequenziale per garantire la centralità dello studente comunicando conoscenze, abilità e competenze. Attraverso il coinvolgimento emotivo e cognitivo, è essenziale incoraggiare gli studenti ad apprendere le varie materie e a stimolare la fiducia nelle proprie capacità, aiutandoli così a sviluppare il senso di autovalutazione.
Gli insegnanti dovrebbero cercare di aiutare gli alunni con BES, proponendo prove brevi su singoli obiettivi, semplificando gli esercizi, allungando i tempi e riducendo il numero di esercizi svolti contemporaneamente, a seconda delle esigenze degli stessi. Per quanto riguarda gli studenti che hanno difficoltà a concentrarsi, è opportuno mostrare loro diagrammi, riassunti o mappe concettuali prima delle spiegazioni, in modo tale da sottolineare i concetti fondamentali con parole chiave e usare immagini esplicative.
L’apprendimento può essere facilitato e potenziato dall’uso costante e simultaneo di più canali sensoriali (visivo, uditivo, tattile e cinestetico). Tutti gli strumenti introdotti possono essere utili ed efficaci per garantire una didattica inclusiva che metta al centro gli studenti e le loro peculiarità.
Agli insegnanti è richiesto non solo di educare, ma anche di continuare a formarsi per garantire una didattica inclusiva per tutti gli studenti, che rispetti la diversità e la utilizzi come risorsa. In questo contesto, la didattica inclusiva diventa efficace, perché attua un sistema di interventi destinato agli alunni con BES, proposto dai dirigenti scolastici e condiviso da docenti, famiglie e operatori locali competenti, al fine di favorire la partecipazione degli stessi, indipendentemente dalle loro condizioni personali e sociali.
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