Autismo a scuola

Cosa significa autismo? Per autismo si intende un disturbo del neurosviluppo caratterizzato dalla compromissione dell’interazione sociale e da deficit della comunicazione verbale e non verbale che provoca ristrettezza di interessi e comportamenti ripetitivi.

Recentemente si parla soprattutto di Disturbi dello Spettro Autistico (DSA o ASD, ovvero Autistic Spectrum Disorders).

Di base, i sintomi si manifestano precocemente e permangono per tutto il corso della vita.

La scuola svolge un ruolo molto delicato nel notare i primi segnali di autismo e attivare prontamente un percorso mirato all’inclusione.

Ma vediamo nel dettaglio come riconoscerlo e le strategie da adottare a livello didattico.

Autismo a scuola: come riconoscerlo?

Gli alunni con autismo possono presentare in misura più o meno marcata disturbi sensoriali, problemi del sonno, di alimentazione, disarmonie motorie, disarmonie nelle abilità cognitive, scarsa autonomia personale e sociale, autolesionismo e aggressività.

Autismo a scuola: cosa fare?

Talvolta il comparto docenti non riesce ad affrontare tutte le problematiche legate a tale disturbo, perché manca una preparazione specifica.

Il bambino autistico generalmente ha difficoltà a stabilire e a mantenere un contatto visivo con le persone che entrano in relazione con lui. Pertanto, quando si intende interagire con lui, è necessario:

  • stabilire e mantenere un contatto oculare e spronare il bambino a fare altrettanto;
  • parlare in modo chiaro e/o servendosi dell’ausilio di immagini in caso di problematiche linguistiche;
  • rivolgersi a lui in modo calmo;
  • promuovere la strategia di imitazione dei pari per ottenere i comportamenti adeguati e desiderati da parte del bambino;
  • suddividere un dato compito in sequenze semplici;
  • utilizzare il canale visivo per l’apprendimento, avvalendosi di schemi, tabelle e immagini;
  • avere empatia.

In buona sostanza, è buona prassi rispettare i tempi e le modalità di comunicazione visive, piuttosto che verbali, cercando di integrare entrambe le strategie.

Infine, i dispositivi tecnologici come PC o tablet sono di grande aiuto al fine di migliorare le abilità comunicative di base.

Autismo a scuola: cosa non fare?

Il bambino autistico spesso mette in atto dei rituali o ha abitudini severe e può reagire in malo modo alla forzatura di tali schemi mentali con improvvisi crisi e scoppi d’ira. Quindi, è dannoso tentare di forzarlo bruscamente a modificare le proprie abitudini

Occorre di conseguenza rispettare i suoi tempi e non richiedere troppi cambiamenti improvvisi. Inoltre, è utile strutturare la sua giornata tipo in modo chiaro, pianificando in anticipo le attività.

Altra cosa da evitare è attuare degli interventi punitivi. Piuttosto, sarà necessario mettere in atto la strategia del SE-POI, al fine di promuovere nel bambino lo sviluppo di una riflessione sulle conseguenze delle proprie azioni.

Autismo grave a scuola

Gli alunni gravemente autistici sono affetti da un forte deterioramento cognitivo e hanno notevoli difficoltà nelle abilità sociali e nel rendimento scolastico. Spesso hanno pochi strumenti adeguati per comunicare con gli altri. Non sorprende quindi che abbiano maggiori probabilità di manifestare comportamenti come l’autolesionismo e l’aggressività. Ciò è dovuto al fatto che non hanno appreso comportamenti e strategie di coping migliori per affrontare gli stress quotidiani e non hanno i mezzi per comunicare adeguatamente con gli altri. Questi studenti possono anche manifestare disturbi sensoriali che possono comportare dondolamenti corporei.

Per gli studenti con difficoltà di apprendimento significative, i seguenti suggerimenti possono essere molto utili:

  • i docenti dovrebbero ricorrere a una formazione continua tramite workshop, conferenze, corsi e altre attività educative in modo tale da apprendere i metodi di insegnamento migliori per affrontare l’autismo a scuola;
  • occorre dare agli alunni autistici istruzioni semplici;
  • suddividere i compiti in fasi aiuta gli studenti autistici a capire cosa devono fare;
  • è necessario usare le immagini, perché i bambini che non possono comunicare verbalmente possono in tal modo dire ciò che vogliono;
  • è importante lavorare a stretto contatto con i genitori per garantire che le abilità esercitate a scuola possano essere messe in pratica anche a casa;
  • occorre avere un atteggiamento positivo;
  • se uno studente mostra un comportamento problematico, è necessario condurre una valutazione approfondita per determinare il motivo di tale atteggiamento;
  • è necessario creare un ambiente favorevole e proattivo all’apprendimento.

Autismo e dislessia

La dislessia fa parte dei disturbi specifici dell’apprendimento ed è una condizione caratterizzata da problemi di lettura, che sono indipendenti dall’intelligenza della persona.

Diverse persone ne sono colpite in misura diversa. Le complicazioni possono includere difficoltà nella pronuncia delle parole, nella lettura veloce, nella scrittura a mano, nella pronuncia delle parole durante la lettura ad alta voce e nella comprensione di ciò che si legge.

Ci sono dei punti in comune tra i bambini autistici e quelli dislessici. È tuttavia necessario specificare che si tratta di due disturbi completamente diversi.

I sintomi della dislessia sono molto differenti da quelli dell’autismo, sia per quanto riguarda la tipologia, sia per quanto riguarda l’insorgenza.

L’autismo si manifesta sin dai primi anni di vita (dai 3 anni circa) attraverso:

  • deficit comunicativo e isolamento;
  • assenza di comunicazione paraverbale (sguardo, mimica, gesti);
  • stereotipie (comportamenti e movimenti sempre uguali e ripetitivi)
  • ecolalie (ripetizione delle parole sentite da altri);
  • deficit del contatto di sguardo;
  • difficoltà ad apprendere le regole più o meno esplicite dell’interazione sociale;
  • assenza di risposta nel sentire il proprio nome;
  • difficoltà a decifrare e interpretare cosa gli altri pensano o sentono.

Inoltre, in alcuni casi i bambini autistici presentano un ritardo mentale e cognitivo.

Questi sintomi sono del tutto (o quasi) assenti nei bambini dislessici, che invece manifestano le prime difficoltà in concomitanza con l’inizio della scuola primaria, vale a dire:

  • difficoltà nel riconoscimento delle lettere o dei numeri;
  • difficoltà nel riconoscimento dei gruppi sillabici;
  • difficoltà nella lettura;
  • difficoltà nell’organizzazione della scrittura all’interno della pagina, ecc.

Alunni con bisogni educativi speciali

Gli studenti BES, ovvero alunni con Bisogni Educativi Speciali, hanno bisogno di una particolare esigenza di apprendimento a causa di una serie di fattori di stampo sociale, culturale ed economico.

A loro è dedicata una normativa specifica, per garantirne la perfetta inclusione scolastica.

In sostanza, esistono tre differenti tipologie di BES, che sono le seguenti:

  • alunni con disabilità;
  • alunni con disturbi evolutivi specifici (DSA, ADHD, ecc.);
  • alunni con svantaggi sociali e/o culturali e/o linguistici.

Nel caso di disabilità o di disturbi evolutivi specifici è necessaria una diagnosi preliminare e la successiva certificazione. Per gli altri tipi svantaggi, invece, l’individuazione, il riconoscimento e l’intervento è responsabilità del settore scolastico. Ecco perché è così importante che gli insegnanti siano adeguatamente formati, in modo da riconoscere e da intervenire, a livello pedagogico, in una classe dove sono presenti alunni con Bisogni Educativi Speciali.

Vanno anche presi in considerazione i bambini plusdotati o con un alto potenziale cognitivo. Si tratta di alunni che dimostrano capacità di apprendimento e curiosità molto sviluppate e che necessitano di un percorso didattico personalizzato per essere stimolati adeguatamente affinché il loro talento non si trasformi in comportamenti improduttivi o dannosi, che spesso generano situazioni di disagio o di emarginazione.

Essere un bravo insegnante non significa soltanto trasmettere ai propri studenti tutta una serie di conoscenze teoriche o coinvolgerli a livello empatico, perché per svolgere al meglio la propria professione è importante che il docente in questione sia preparato e non soltanto a livello didattico. Quindi, è necessario che si munisca di un bagaglio di conoscenze, competenze e strumenti che rendano possibile un approccio consapevole alla problematica dei BES.

Infatti, è soltanto attraverso una conoscenza approfondita e un’attenzione particolare verso comportamenti, atteggiamenti, attitudini ed esigenze che il corpo docente sarà in grado di individuare eventuali bisogni speciali e adeguare in tal senso la didattica.

 

Credits: adriaticphoto/DepositPhotos.com