Plesso scolastico e istituto comprensivo: ecco cosa sono

istituto comprensivo cos è

È importante capire cosa significa plesso, all’interno della terminologia legata all’organizzazione della scuola in Italia. Il plesso scolastico è la scuola specifica, la sede fisica e concreta nel quale gli studenti si recano per apprendere e nel quale prendono servizio ogni giorno i docenti incaricati della didattica. Facciamo questo chiarimento perchè spesso plesso e istituto comprensivo sono due termini vicini e possono essere fraintesi, al quale si aggiunge quello di circolo didattico per peggiorare la situazione e mettere in confusione i non addetti ai lavori. In questo articolo forniamo molte informazioni utili e alcune curiosità su questi termini così profondamente legati al mondo dell’istruzione.

Cosa vuol dire plesso?

plesso scolastico definizione“Nell’ordinamento scolastico si intende per plesso scolastico ciascuna scuola che appartiene ad un circolo didattico”. E qui viene il bello. Circolo didattico cosa vuol dire? È la stessa cosa di istituto comprensivo? No! I circoli didattici e gli istituti comprensivi sono cose diverse. Un circolo didattico è la totalità delle strutture o sedi scolastiche appartenenti a uno stesso territorio, e non coincide con gli istituti comprensivi, che sono costituiti da più scuole nella stessa sede con un solo preside ed un solo consiglio di istituto.

Un’altra distinzione da fare è relativa ai livelli di istruzione. I circoli didattici sono un’insieme di sedi scolastiche situate in uno stesso territorio che arrivano fino alla primaria, quindi infanzia inclusa. Gli istituti comprensivi, invece, comprendono anche le scuole medie, ovvero le secondarie di primo grado. Quindi, ricapitolando, i circoli didattici sono Istituti scolastici che possono comprendere le scuole primarie e le scuole materne, e non altri livelli di istruzione. Presso gli uffici dei circoli didattici vengono svolte diverse funzioni tra cui:

  • Le iscrizioni degli studenti
  • Le pratiche in riferimento alle graduatorie Ponendo l’attenzione sulla questione del reclutamento è bene sapere che un docente, inviando la domanda di messa a disposizione per una determinata scuola del circolo didattico, possa essere convocato per una struttura scolastica diversa, ma che appartiene allo stesso circolo

Istituto comprensivo: cos’è

Avendo chiarito la differenza tra circolo didattico e istituto comprensivo si può comprendere facilmente che le ragioni della loro istituzione sono da ricerca nell’esiguo numero di studenti iscritti, che essendo inferiore a quello stimato deve racchiudere anche altre scuole, di diverso livello, per raggiungere una comunità didattica di almeno 600 alunni tra i 3 e i 14 anni. L’organizzazione degli istituti comprensivi è di tipo verticale, mentre nei circoli didattici è di tipo orizzontale. All’interno di entrambi, sia degli istituti che dei circoli si trovano i vari plessi, le scuole fisiche, che possono anche ospitare classi di diversi livelli di istruzione, ad esempio, alcune classi della primaria e altre classi della secondaria di primo grado, ovvero di quella che un tempo si chiamava scuola media.

Per comprendere ancora meglio a cosa ci riferiamo quando parliamo di istituti comprensivi, facciamo una fotografia della loro organizzazione. Wikipedia riporta: “Nell’istituto comprensivo si costituiscono sempre una sola presidenza, un solo consiglio d’istituto, un collegio dei docenti unitario. Dato che gli istituti comprensivi operano generalmente su unico quartiere, sono generalmente numerati secondo una numerazione affidata dal comune di residenza, tuttavia, specie in comuni minori, gli istituti comprensivi possono comprendere scuole localizzate in comuni differenti. L’istituto comprensivo offre inoltre la possibilità a ogni istituzione scolastica di vedersi attribuita maggiore autonomia e personalità giuridica.”

Ma oltre a parlare degli istituti comprensivi, a dare al plesso scolastico definizione precisa e puntuale, è utile inquadrare la materia con un po’ di storia. Gli istituti comprensivi, non sono sempre esistiti, ma sono sorti nel 1994 per tutelare le zone di montagna, che registravano un lento e inesorabile declino della popolazione residente e di conseguenza degli iscritti a scuola. Questa legge n. 97/1994 all’art. 25 “prevedeva la possibilità di costituire Istituti Comprensivi di scuola materna, elementare e media nei Comuni montani con meno di 5.000 abitanti (nonché nelle piccole isole)”. Questa prima forma di istituti, che possiamo definire la “prima generazione”, nel tempo evolverono e si modificarono per creare una sinergia tra plessi scolastici e livelli di istruzioni diversi ma con gli stessi obiettivi pedagogici, nel solco delle stesse sperimentazioni. Questa forma di istituti sono quelli della “seconda generazione” seguiti subito dopo dalla “terza”. La terza generazione è quella nata con il D.P.R. 233/1998 (Norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche), in cui gli istituti comprensivi vennero definiti la massima espressione di un modello capace di conferire maggiore autonomia alle scuole.

Gli istituti comprensivi: un’esperienza di successo

plesso scolasticoLo sviluppo dell’istituto comprensivo come formula per i territori scarsamente abitati è stata accolta inizialmente con un velo di diffidenza, a questa diffidenza è seguita una grande approvazione da parte di chi ha sperimentato la sua portata innovativa all’interno della scuola italiana. I dati sull’espansione del numero degli istituti comprensivi, dalla data della loro formazione fino a oggi, parlano chiaro, e raccontando una storia che deve riconoscere un valore funzionale alle scuole di base organizzate “in verticale”.

In Italia gli istituti comprensivi sono il 40%. Stiamo parlando di una notevole percentuale di scuole, che con ogni singolo plesso scolastico sono in grado di inserirsi e muoversi nel territorio con maggiore efficacia per tutti coloro che intervengono e si interfacciano con le istituzioni scolastiche in tutte le loro declinazioni. Al di là dei dati quantitativi, delle statistiche, dei casi modello ed esemplari (come quello della provincia di Pisa in cui ormai interi territori hanno scelto la generalizzazione dell’Istituto comprensivo) ci sono le motivazioni che giustificano questo successo, ed è a queste che dobbiamo guardare per comprendere il fenomeno e studiarlo a fondo.

La storia degli istituti comprensivi ci dimostra come i processi di riforma possono muoversi in modo molto innovativo, dinamico e creativo, anche se viene utilizzato un metodo verticale di gestione e coordinamento. Come abbiamo visto la storia degli istituti comprensivi risale al 1994, e da allora è cambiato il plesso scolastico e il significato che ha all’interno del “comprensivo”, come è cambiato il “comprensivo” stesso.

È interessante notare come l’intento che ha dato vita a questo cambiamento nell’assetto dell’istruzione non fosse esclusivamente legato alla scuola, ma anzi, fosse di natura generale sulla tutela delle zone di montagna. Eppure è stato in grado di attivare una grande rivoluzione, e di acquisire un enorme valore aggiunto. Quando gli istituti comprensivi sono stati del tutto assimilati all’interno dei discorsi delle riforme scolastiche si è inaugurata una nuova stagione, anche se c’è voluto il tempo per superare alcune incomprensioni e confusioni. Nell’ultimo paragrafo spiegheremo cosa sono gli istituti comprensivi adesso.

Massimo sviluppo degli istituti comprensivi: la quarta generazione

Dopo aver chiarito per il plesso scolastico la definizione, e per i circoli didattici e gli istituti comprensivi anche la loro differenza e la loro storia, è tempo di chiudere questo approfondimento riprendendo quella distinzione tra istituti di prima, seconda e terza generazione. Questa linea storica ci mostra il passo con il quale avanza un cambiamento, e come può essere innescato per caso, da un inizio sperimentale e generico, anche se molto specifico (dal momento che gli istituti comprensivi nascono dalle leggi per i territori di montagna e non per tutto il paese). Gia da un decennio si parla di quarta generazione dei comprensivi. Una generazione di istituti dove il plesso scolastico ha significato all’interno di una cornice capace di esplorare la scuola come fattore di sviluppo locale, ed elemento della qualità sociale della vita. Una vita capace di generare un territorio creativo, caratterizzato dalle tre T di: talento, tolleranza, tecnologia e dall’italianissima T di territorio.

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